jumbo wrote:serie, se tu, come fai, poni il distacco emotivo come condizione per essere razionali, evidentemente il distacco emotivo è un indice di raziocinio, nel senso che secondo la tua logica, se non c'è distacco emotivo, non ci può essere raziocinio.
Vediamo di non travisare:
Se tu scrivi:"Anche perchè è da dimostrare che il "distacco emotivo" sia indice di "raziocinio"", poni le due cose in diretta dipendenza, l'una come effetto dell'altra, il "distacco emotivo" come "condizione necessaria e sufficiente" per essere raziocinanti. Se invece scrivi:"...poni il distacco emotivo come
condizione per essere razionali...", scrivi qualcosa di diverso, allora sì: il "distacco emotivo" è "condizione (SOLO) necessaria (NON SUFFICIENTE)". Il raziocinio richiede "distacco emotivo", ma non basta. Per questo vanno detti entrambi.
E', semmai, vero il contrario: il "razioncinio" può essere indice di "distacco emotivo". In altre parole, questa tua frase:"...poni il distacco emotivo come condizione per essere razionali, evidentemente il distacco emotivo è un indice di raziocinio..." è "falsa/non vera" dal punto di vista logico.
in ogni caso trovo questo discorso assurdo. le cose che ci interessano ci suscitano sentimenti ed emozioni. se non ci interessassero, non le studieremmo nemmeno e non vi applicheremmo la ragione.
Falso. Siamo "emotivamente coinvolti" dalla cosa che facciamo, non necessariamente dall'oggetto (e vedete di non "stracciarvi le vesti" perchè ho usato questo temine) che usiamo a tale scopo. A me non interessa il destino della ragazzina, a me interessa capire la dinamica. Il coinvolgimento emotivo al destino della ragazzina, impedirebbe (ed impedisce...a tutti!) una analisi corretta.
poi so che in molto al giorno d'oggi pensano che per guardare le cose in modo razionale occorre essere distaccati, ma ho l'umile pretesa di avere una opinione diversa e più corretta.
Libero di pensarlo, ed io sono libero di dire che ti sbagli.
in ogni caso al pensiero di una dodicenne che perde un piede, fosse anche per colpa sua, basta pensare a se stessi a dodici anni e a tutta la propria vita seguente (con due piedi) per provare come minimo tristezza per quanto avvenuto, purché si conservi un po' di umana solidarietà con gli altri esseri umani.
Affermazione discutibile, e oggigiorno la perdita di un piede non è una menomazione così grave come lo poteva esser quando io avevo la medesima età. Sempre che di menomazione sia ancora lecito parlare.
Tristezza? Solo quando l'esito è fatale, per la vita andata sprecata. Altrimenti solo se conosco la persona direttamente o per fama. E la "colpa" non c'entra, è solo un fatto oggettivo da valutare.
Sarò "disumano", ma sinceramente non è un mio problema.