Hallenius wrote:Non fate vedere a Fried che il Sardo è considerato come lingua a sé stante altrimenti è la fine
Anche il friulano e il ladino dolomitico.... mentre il nizzardo non compare, evidentemente qui viene considerato un dialetto provenzale. Notare come anche sulle alpi piemontesi il confine linguistico non coincide con quello politico (non solo in Valle d'Aosta) e che si ha evidenza dell'esodo istriano (altro che ottocento, nell'ottocento si parlavano dialetti di tipo Veneto coloniale lungo tutta la costa istriana fino a Pola compresa). Ovviamente non si ha evidenza delle migrazioni interne, non rappresentabili in questo tipo di grafico, per cui laddove (come nelle cincture industriali di Milano e Torino) c'è stata forte immigrazione veneta e meridionale il dialetto locale si è perso o comunque molto ridimensionato
Probabilmente a Roma la cosa è diversa perchè, pur in presenza di una forte immigrazione, la provenienza degli immigrati era più linguisticamente omogenea (prevalentemente umbri, ciociari, abruzzesi, marchigiani, con dialetti più vicini al romanesco rispetto alla distanza fra siciliano e torinese o fra Veneto e Milanese). E' una mia interpretazione, comunque ....
Poi la classificazione è arbitraria, come logico che sia essendo le variazioni continue, paese per paese e quasi quartiere per quartiere. Nel piacentino per esempio rientrano varianti diversissime fra loro, il dialetto di Monticelli e quello della valtidone sono facilmente distinguibili l'uno dall'altro, mentre a me i dialetti pugliesi (tranne il salentino che è proprio diversissimo) sembrano tutti uguali, ma naturalmente dipende dal grado di familiarità e di esposizione ai dialetti