by Trullo » Mon 05 February 2018; 19:06
Il dottor G. B. volle uscire, quella sera, ma fece malissimo. Infatti, appostato all'angolo del terzo vicolo, lo aspettava Gimmi.
Per la verità non è che Gimmi attendesse proprio il dottor G. B.: Gimmi aspettava semplicemente qualcuno cui togliere il portafogli. Il primo a capitargli sottomano fu il dottore e questo dispiacque in seguito molto ai familiari del dottor G. B. e, a dire il vero, dispiacque anche ai familiari di Gimmi. Infatti, trovatisi di fronte l'uno all'altro, sia il dottor G. B. che Gimmi giudicarono che l'unica cosa da farsi era quella di cavare la pistola e sparare.
Spararono fin che poterono: poi, quando si accorsero che il grilletto non rispondeva più alla pressione delle loro dita, si scagliarono l'uno addosso all'altro cercando invano di afferrarsi.
Quando si resero conto che le anime sono fatte d'aria e che, quindi, un corpo a corpo fra due anime acquista un sapore di pessimo gioco di parole, ristettero immobili a guardare i loro corpi abbandonati sul selciato.
«Bell'impresa avete fatto, brutto ceffo!» esclamò alla fine il fu dottor G. B.
«Non ho l'impressione che il vostro operato sia più lodevole del mio» ribatté il fu Gimmi.
«Il mio è l'operato di un galantuomo che si difende, il vostro quello di un pessimo soggetto che aggredisce» specificò sdegnoso il fu dottor G. B.
«Sottigliezze, egregio signore» disse il fu Gimmi. «La sostanza è che voi siete omicida quanto me. Siamo pari.»
Il fu dottor G. B. sghignazzò sdegnosamente. «Voi pari mio!» gridò. «Ma guardatevi la faccia, prima di parlare!»
Il fu Gimmi considerò con attenzione il suo corpo abbandonato sul marciapiede, poi considerò il corpo del fu dottore e scosse il testone.
«Io non ci trovo niente di straordinario» affermò. «Se avessi la barba fatta e se fossi vestito bene, arriverei a dire che ho un aspetto migliore del vostro.»
«Avreste dovuto dirmele da vivo, queste parole» borbottò il fu dottor G. B. «Non avrei lasciata impunita una impertinenza del genere.»
«Scusatemi» balbettò sinceramente dispiaciuto il fu Gimmi. «Io non ho fatto per offendervi. E scusate anche la faccenda della rivoltella. Vi giuro che io non volevo farvi del male; desideravo soltanto togliervi il portafogli: ma poi quando ho visto che tiravate fuori la rivoltella ho avuto paura e mi sono difeso. Siete il primo che io uccido, signore, ve lo giuro, e non avete un'idea di quanto mi dispiaccia.»
Il fu dottor G. B. alzò le spalle. In fondo dispiaceva anche a lui di aver ucciso un uomo.
«Va bene, va bene» concluse. «Quel che è fatto è fatto.» E si allontanò altero.
Il fu Gimmi lo seguì mogio mogio e questo seccò il fu dottore.
«Be', cosa volete ancora?» esclamò, voltandosi di scatto.
«Niente» spiegò timidamente il fu Gimmi «pensavo che, dato che si deve far la stessa strada, la si potesse fare assieme.»
«Spero bene che non sarà la stessa strada» ribatté ironicamente il fu dottore. «Ad ogni modo non ci tengo a farmi vedere in giro con certe persone.» Ma poi si annoiò di girare solo per la notte buia, e voltandosi vide con piacere che il fu Gimmi lo seguiva ancora.
I due si trovarono a fianco e camminarono in silenzio su e giù per i tetti. Sul far dell'alba il fu Gimmi entrò in un abbaino e il fu dottore lo seguì: dentro un grande letto dormivano una donna e tre bambini.
«Mah!» sospirò il fu Gimmi dopo aver guardato a lungo. «Gli avevo promesso un cavallo, al più piccolo.»
«Quando si hanno dei figli non si va in giro di notte a fermare la gente!» affermò il fu dottore. «Benedetto uomo, ma che cosa avevate in quella te-staccia?»
«Rape, signore mio, pezzi di ghisa. Se potessi me la spaccherei questa testaccia!»
Il fu dottor G. B. non andò a casa sua: gli sarebbe seccato di far vedere al fu Gimmi il suo ricco appartamento e la stanza calda nella quale dormiva soltanto una signora grassa e antipatica.
Verso le nove del mattino lessero i giornali stando dietro le spalle della gente.
C'era già la notizia in cronaca. Una breve notizia: i particolari sarebbero stati pubblicati nel pomeriggio.
«Ah» esclamò il fu Gimmi quando ebbe letto: «voi dunque eravate il dottor G. B.?»
«Sì.»
«Accidenti che bestialità che ho fatto!» si dolse il fu Gimmi. «Andar proprio ad ammazzare una celebrità come voi! Io sono proprio nato disgraziato! Io andrò all'Inferno disperato. Io non ne ho fatto una buona al mondo. Però vi giuro che io non volevo uccidervi: mi avete fatto paura, ecco tutto. Uno scienziato come voi!»
«Be', non bisogna esagerare» Io interruppe il fu dottor G. B.: «non è poi una perdita irreparabile. Io più che altro avevo una gran buona nomea, ma la sostanza non era straordinaria. Come me ce ne saranno centomila al mondo.»
Il povero fu Gimmi continuò a scuotere il suo testone. Aveva commesso una gran bestialità.
Nei giornali del pomeriggio c'era la cronaca particolareggiata: a un chiosco, un giornale era appeso, aperto alla pagina dei fattacci. Poterono leggere con grande comodità.
Dall'esame medico era risultato un fatto strano: Gimmi era stato colpito in pieno dal dottore, il dottore invece non era stato colpito da Gimmi. Il dottore era morto per apoplessia. L'improvvisa agitazione gli aveva bloccato il cuore.
«Ma vi pare che sia possibile?» chiese incredulo il fu Gimmi.
«Certamente» lo rassicurò il fu dottor G. B. «Io avevo un cuore che non valeva una cicca. Un cuore malandato in modo straordinario.»
Il fu Gimmi ritornò a scuotere il testone.
«Va bene tutto» obiettò «ma se io non vi avessi aggredito la faccenda non sarebbe successa. La colpa è mia. La faccenda non sarebbe accaduta.»
«E che ne sapete voi?» replicò il fu dottor G. B. «Poteva invece accadere benissimo. Un qualsiasi incidente stradale, una emozione improvvisa per cause familiari. Caro il mio uomo, con un cuore malandato come il mio bastava una sciocchezza qualsiasi. Sono molto contento che voi non mi abbiate ucciso.»
Il fu Gimmi continuò a dondolare tristemente il suo grosso testone.
Arrivò un signore in camicia e con le ali, il quale avvertì che il Tribunale li aspettava.
Al Tribunale venne chiamato per primo il fu dottore.
«Io ho ucciso un galantuomo» disse il dottore.
«Un momento» interruppe il Giudice «galantuomo, proprio non mi pare la parola esatta. Lui vi ha aggredito a scopo di furto.»
«Sì, ma non aveva intenzione di farmi del male: io lo conosco da anni...» replicò il fu dottor G.B.
«Attento a non dire bugie!» ammonì severo il Giudice. Poi, considerato il passato del fu dottore, sentenziò:
«Avete agito in istato di legittima difesa e non avevate l'intenzione di uccidere. Siete assolto».
Fu interrogato il fu Gimmi.
«Io sono un mascalzone» confessò il fu Gimmi «e ho fatto una grossa porcheria uccidendo il signor dottore. Non ho niente da dire in mia difesa.»
«Voi non lo avete ucciso» obiettò il Giudice.
«Lo dite voi» esclamò Gimmi scuotendo il grosso testone. «Se io non lo avessi fermato, al signor dottore non sarebbe successo il pasticcio. La colpa è mia.»
«Voi non pretenderete forse di saperlo meglio di me!» ribatté piccato il Giudice. E Gimmi volle protestare, ma invano.
Venne letta la sentenza. Considerati i precedenti del fu Gimmi, la sua completa mancanza di intenzioni omicide e certe altre particolarità, il fu Gimmi veniva condannato a soli cinquemila anni di Purgatorio.
Il fu Gimmi si avviò a testa bassa verso il Purgatorio, ma di lì a poco il fu dottor G. B. lo raggiunse.
«Vengo con voi» disse. «Vi farò compagnia. Cinquemila anni passano come ridere.»
«Benedetta gente» borbottò sorridendo il Giudice, guardandoli allontanarsi. Poi aggiunse rivolto a qualcuno:
«Lasciali là due o tre secoli soltanto e poi portali Su».
"Il comunismo ha sbagliato, ma non era sbagliato.“ (Rossana Rossanda)